giovedì 7 agosto 2014

I meriti dell'impresentabile Tavecchio

notav
Bisogna dire grazie a Carlo Tavecchio. Sta davvero riformando il calcio italiano. Anche se non lo sa. Anche se non lo vuole. Gli sta restituendo, tutto d’un tratto, all’improvviso, un profilo etico e uno spessore morale. Lo ha scosso a sua insaputa da un sonnacchioso vivacchiare. Guardate com’è di nuovo vitale il nostro calcio, sveglio, guardate come sta recuperando la voglia di cambiare. 
È merito suo, sul serio. È tutto merito delle gaffe di questo signore. Indifendibile e irresponsabile, un signore dai princìpi etici e morali discutibili e distanti dai loro, i princìpi dei presidenti che adesso stanno correndo a dirglielo, uno dopo l’altro, in fila, un rosario di sopracciglia alzate e sguardi corrucciati; e tutto questo finalmente ci conforta, perché immersi in una nuova consapevolezza questi dirigenti di A, di B, di C saranno evidentemente pronti tra poco, tra pochissimo, a fare un passo indietro a loro volta, imbarazzati per un passato in cui hanno accumulato squalifiche da parte della giustizia sportiva e indagini (qualche volta condanne) della magistratura ordinaria. Ecco. Questo nuovo senso di pulizia, ritrovato come un dono del cielo al cospetto di un linguaggio primitivo e inadeguato, spazzerà via dal futuro del calcio italiano i prossimi scandali.
Hanno trovato la parola pure i calciatori, quelli che di solito "sono cose che bisogna chiedere al mister". Hanno scoperto, di certo spontanei, la vocazione all’impegno civile, trovando la voglia di schierarsi, finalmente, questa è una notizia, una signora notizia, ed è un magnifico segnale per chi aspetta di liberare il calcio dalla malapianta, di sicuro faranno lo stesso quando ci sarà da prendere posizione contro i cori degli ultrà, gli ultrà che indossano i loro colori, quei bravi ragazzi a torso nudo di cui i calciatori dicono di sentire la mancanza quando una curva viene chiusa per razzismo. Avremo un calcio migliore, si vede già, e tutto grazie a Tavecchio, riformatore paradossale, senza volerlo.
Avremo pure un clima migliore intorno alle partite, che bello, potremo tornare allo stadio con i nostri bambini se ora la politica, nel pieno rispetto delle norme internazionali che vietano ogni interferenza del potere esecutivo negli affari del calcio, si affaccia a esercitare la sua moral suasion per la rimozione dell’inaccettabile Tavecchio. Molto presto, bisogna avere fiducia, questa stessa moral suasion avrà per complemento oggetto gli uomini che gestivano l’ordine pubblico il 3 maggio a Roma, esterno giorno, Tor di Quinto, luogo di un delitto; questa moral suasion si occuperà presto, prestissimo, della rimozione di chi ha gestito una finale di Coppa Italia, stadio Olimpico, un ragazzo in fin di vita, un capo ultrà piazzato al centro della scena e una tribuna d’onore piena di grisaglie. La vita di un ragazzo nel frattempo morto, diamine, varrà di certo un impegno del governo pari a quello messo in campo per quattro o cinque gaffe.
E gli allenatori, poi. La categoria degli allenatori. Una volta regolati i conti con questa storiaccia di Tavecchio, di sicuro si affretteranno a riportare il candore nei loro spogliatoi, a denunciare le combine ogni volta che ne intravederanno una, di certo saranno attenti a non riconsegnare la fascia da capitano al vecchio capitano che rientra da una squalifica per scommesse. Tutti insieme, ora, saremo più attenti non solo a marciare dentro le regole, addirittura forse ce ne daremo altre, di migliori, rilanceremo il nostro calcio, e soprattutto, scossi nell’animo, ci faremo da parte quando nel nostro ruolo ci scopriremo, fosse anche con un tweet, indifendibili, imbarazzanti, inopportuni, irresponsabili e impresentabili. Non lo sentite da lontano il profumo dei ciclamini?

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