giovedì 11 giugno 2015

Da Pinochet a Pinilla. La Generazione Democracia va alla Copa América

santia Pulirono tutto in un giorno, il sangue era sparso ovunque. La giunta militare portò via i prigionieri politici e addobbò l'Estadio Nacional di Santiago come se niente fosse, per giocare l'ultima partita di qualificazione ai Mondiali del '74. Alla Fifa andò bene così. Finsero di non sapere che lo stadio era diventato un campo di concentramento per i dissidenti e gli avversari di Pinochet. Non era il solo.Un centro di torture era diventato anche l'Elías Figueroa Brander a Valparaíso, la città de La Sebastiana di Neruda e il luogo in cui era nato don Augusto, al potere da soli due mesi. L'Urss, avversaria di quel Cile, non ne volle sapere di giocare. Non si presentarono. I cileni batterono la palla al centro e nell'altra metà vuota del campo fecero gol, trasformando la tragedia in farsa.


Fu il primo passo di un lungo periodo buio. I giornalisti Carlos González Lucay y Braian Quezada hanno raccontato cosa accadde al calcio nel loro libro "A Discreción. Viaje al Corazón del Fútbol Chileno bajo la dictadura militar". Scrivono che con Pinochet capo supremo della nazione per tutto il '74 e poi presidente del Cile fino al 1990 "il clima di impunità che esisteva in Cile sul piano politico economico e sociale, doveva per forza contagiare il calcio (...) Nel governo militare si impose la formula del fine che giustifica i mezzi, senza codici morali né etici, il che generò accondiscendenza da parte di alcuni dirigenti di calcio verso il regime". Arrivò lo scandalo dei passaporti falsificati per il campionato sudamericano under 20 del 1979. Arrivò il grande imbroglio del portiere Rojas, la cosiddetta vergogna del Maracanã.


Già nel '91, a democrazia appena conquistata, il Cile aveva ospitato la manifestazione. Ora riapre i suoi stadi e si mostra al mondo per la prima volta dopo la morte di Pinochet, privo del tutto della sua ombra nera. Sia l'Estadio Nacional di Santiago sia l'Elías Figueroa Brander di Valparaíso sono tra i nove stadi di questa Copa América 2015. Paese e popolo si sono rialzati, la politica ha sostenuto il processo per la candidatura alla Coppa con investimenti rilevanti: Sebastián Piñera dispose a suo tempo un budget di 61 milioni di dollari, il costo finale è salito a 163 milioni. Santiago nel frattempo è stata eletta città più vivibile del Sudamerica (The Economist) e il rapporto del Cile col calcio è tornato gioioso. Un anno fa, prima della partenza della squadra per i Mondiali, i trentatré minatori intrappolati nel 2010 a San José diffusero un video con il quale spingevano la squadra: "Per un cileno niente è impossibile". I tifosi partiti per il Brasile misero paura al Maracanã cantando l'inno senza musica, poi al Brasile mise paura anche la squadra, la Roja, fermata prima da una traversa divenuta un tatuaggio sul corpo di Pinilla , poi dai calci di rigore, con il doppio shock per Gonzalo Jara: autogol e tiro sbagliato.
In queste settimane si stimano introiti nel Paese per 143 milioni di dollari grazie all'arrivo di almeno 80mila turisti. Come già in Brasile un anno fa per Dilma Rousseff e come spesso accade nel calcio, i risultati della nazionale di casa avranno un riflesso sullo stato di salute del governo: il gradimento di Michelle Bachelet è in calo. Ma soprattutto il Cile non ha vinto mai la Coppa. Ci riprova con la prima Generazione Democracia, un gruppo di calciatori che sono stati bambini senza la cappa nera di Pinochet sulla testa.
(la foto, dall'archivio de La Nación, è tratta da una gallery pubblicata sul sito del quotidiano cileno, qui: http://www.lanacion.cl/estadio-nacional-fotos-de-cuando-fue-centro-de-detencion/noticias/2013-09-06/141754.html)
il documentario Estadio Nacional (da youtube)

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