venerdì 5 giugno 2015

La Livorno di Max Allegri

E ADESSO che arriva la bella stagione, a Livorno o si va agli scogli o si va ai Bagni Fiume. Non solo per il mare. C'è un campo in cemento che è un pezzo di storia, le sbarre intorno, una gabbia da cui il pallone non esce mai. Le porte sono proprio due porte. Con le maniglie. Si aprono, si chiudono, si para coi piedi. Cinquant'anni fa, d'estate Armando Picchi chiudeva qui dentro i compagni della Grande Inter. Bedin, Burgnich, Suarez. Sfidavano i giovanotti della dolce vita locale e spesso le prendevano, 4 contro 4, oggi come allora le partite le chiamano gabbionate . Intorno a questa reliquia, si vantano d'aver inventato il calcetto prima del calcetto. «Era come al Palio di Siena, per trovare un posto si arrivava tre ore prima», racconta Armando Neri, uno dei titolari. Qui s'affolla la Livorno vera, proletaria e ruspante. Gli Allegri hanno ombrellone e cabina, dentro la gabbia Max entra con gli amici di sempre. Una volta guardavano insieme le finali di Coppa in tv, vederlo a Berlino gli pare un premio.
Nicola Sena è registrato sul cellulare di Allegri sotto il nome Bomber. «Ero centravanti nelle giovanili del Livorno. Non ci siamo più persi di vista, si va in vacanza insieme. Era juventino pure da bimbo». L'ha sentita mille volte la storia dell'Allegri stinfio , il freddo a cui la patria tiene il broncio. La conosce e la interpreta. «Livorno si fa in quattro se c'è da aiutare i deboli, poi con un su' figliolo famoso diventa invidiosetta. Max è un livornese atipico. Il calcio per lui è lavoro, non gliela vedrete mai baciare una maglia o andare sotto la curva». E pare che un certo umore popolare gli abbia rimproverato tale impostazione, prendendo male in sostanza due cose: l'anno da calciatore a Pisa e il passaggio con Berlusconi. La Livorno del Vernacoliere e la Livorno rossa.
Mauro Palandri, altro amico di lunga data, ne ride. «Se pronunci Berlusconi a Livorno è come parlare di acquasanta al diavolo. Ma via, sono solo sfottò, io sono milanista e siamo diventati ancora più amici». L'anno di Pisa, il lontano 1988, lo ricorda l'ex compagno di squadra Costanzo Celestini, oggi allenatore del Verbano. «Con il campanilismo a volte s'esagera. Ero uno degli anziani, lui era timido, faceva fatica a trovare spazio. Arrivò a tanto così dal mollare tutto, aveva bisogno di conforto. Mi piace credere che non lasciò anche un po' per le mie parole». Livorno aveva attrezzato per il calcio il bimbo Max, detto Acciuga e già capitano, sul campo della Portuale e poi su quello dell'Armando Picchi. Adamo Puccini, dirigente della Cuoiopelli, ricorda che vennero a prenderselo da Santa Croce sull'Arno con 4 milioni e che lo rivendettero al Livorno per 25. «Eran soldi, eh. Lo voleva il Torino, buffo a pensarci oggi. Ce n'eran tanti di ragazzini bravi e quando lui torna li riunisce tutti, il Sabatini, il Sordi, si va al ristorante e non c'è verso, il vino me lo vuole versare lui». Curioso paradosso, questo del ragazzo che non s'è montato la testa ma che ha dovuto riconquistarsi la città. «Non ha fatto amicizie altolocate, Allegri è quello che era», dice Amerigo Leffi, ex dirigente accompagnatore del Livorno che da allora non ha smesso di stargli accanto. «Sempre insieme. A Torino come una volta in trasferta a Pizzighettone ». Coteto, il quartiere d'origine. Al numero 29 di via Toscana abitavano gli Allegri. Max è del ‘67, il bar Ughi sotto casa ha aperto nel ‘69. Andrea Bargellini e Paolo Cresci sono dietro quel bancone. «A Natale s'andava a cena con la su' famiglia e ci si scambiava i regali. Quando torna si fa una raminata e si dicono du' spillaccherate» . Algido allora per modo di dire, forse con gli estranei, con gli amici no. E mentre la vulgata della città divisa sopravvive all'Undici, covo mazzarriano, trattoria dove Paolo Virzì passa per il cacciucco e lascia bozzetti sulla carta del menù, Max lavora per unire Livorno, questo è il momento. Dopo Berlino terrà in città un camp di cinque giorni per bambini, a insegnare slalom, anticipi, colpi di testa. Sempre con gli amici, Bomber per primo. Cento iscritti in una settimana, retta di 280 euro e incasso in beneficenza a tre associazioni che lavorano sul territorio: Healthy Foundation, Misericordia Livorno e Associazione Cure Palliative. Livorno correrà, come ora del resto fa lui più spesso. La sera da Torino s'infila in macchina e sfida gli autovelox, il martedì riparte all'alba. Mamma Carla e papà Agostino lo aspettano al quartiere Leccia, gli amici per un aperitivo alla Baracchina rossa sul lungomare, un gelato da Adone. Ma soprattutto corre qui a fare il babbo, c'è un bimbo da portare alla rotonda a tirare calci al pallone. Raccontano che sia il motivo in più per riabbracciare Livorno e che dopo tanto girovagare dell'anima, l'inquietudine sentimentale si sia placata, di nuovo accanto alla compagna di una volta. Ma in fondo questi saranno pure fatti suoi.

(la Repubblica, 4 giugno 2015)

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