venerdì 18 dicembre 2015

Ranieri e l'arte del contropiede


PER sentirci più moderni, possiamo anche chiamarla transizione, o ripartenza, come già negli anni Ottanta, ma a guardare la sostanza dietro la scorza delle parole alla fine sempre un contropiede resta. E con il contropiede Claudio Ranieri ha preso il potere in Inghilterra. Voi tenete pure la palla, noi andiamo a fare gol.
La bandiera dell'ideologia calcistica italiana è piantata sulla cima del campionato dei maestri inglesi. Dopo sedici partite, ma soprattutto dopo la sedicesima vinta lunedì sera contro il Chelsea, la corsa del Leicester in testa sembra un pochino più credibile di prima. Pure un monumento come Alex Ferguson, da lontano, s'è convertito: «Certo che possono vincere il campionato, a patto che a gennaio comprino qualcuno per rinforzarsi: secondo me i soldi li hanno».
Di certo hanno un'idea di gioco. Che è lasciare il gioco agli altri. In tutta la Premier soltanto due squadre trattengono il pallone fra i piedi per un numero di minuti inferiore al Leicester (43% di possesso secondo i dati Opta): il Wba tredicesimo e il Sunderland penultimo. Impressiona ancora di più sapere che in quattordici partite su sedici Ranieri ha lasciato il controllo del gioco agli avversari, sempre che il palleggio possa essere davvero considerato come controllo del gioco. Nel cuore della manovra del Leicester risiede invece un ragazzo di 25 anni che non aveva mai giocato in serie A, Danny Drinkwater, uno che l'account twitter del club si diverte a fotografare quando va a bere un sorso d'acqua a bordo campo. Per dire qual è il clima che prevale. È lui il regista più o meno vero - o più o meno finto - di questa squadra che sceglie di giocare in controluce. Capita in due partite su tre che Schmeichel, il portiere, figlio di quello Schmeichel, tocchi il pallone più volte del centravanti operaio Vardy. Buon per gli altri, verrebbe da pensare, visto che Vardy è già a 15 gol. Più gli 11 di Mahrez.
Quando allenava in Italia, Claudio Ranieri si era votato a un'apparente anti-ideologia. Teorizzava, e fu tra i primi, la necessità di avere quella che all'epoca chiamava una "squadra camaleonte". Il che in sostanza significava una cosa sola: adeguare la propria partita a chi ti sta di fronte, magari facendo giocar male l'avversario e approfittare dei suoi errori. È quello che fa chi sulla carta si sente inferiore. Anzi, quello che deve fare. Solo che detto così è quasi un reato, nei salotti tv potrebbero finanche organizzargli un rogo. Il primato di Ranieri racconta che non esiste un calcio eticamente superiore a un altro: tiki taca e catenaccio valgono uguale. «Se non pratichi il contropiede è perché sei stupido» disse in estate Mourinho al Times. Davanti al minimalismo di Ranieri è caduto pure lui. È la prima volta, forse, che Ranieri dà a una squadra una classifica superiore al suo valore oggettivo. Fin qui era appartenuto alla categoria dei tecnici-amministratori, capaci di non far rendere mai un gruppo al di sotto delle proprie possibilità. A Leicester anche lui si evolve, citando il passato, riprendendo il filo della nazionale che nel ‘73 vinse a Wembley con Capello in contropiede. Il famoso tratto italiano (e la squadra femmina) di cui scriveva con trasporto Gianni Brera. Ancelotti vinse la Premier 2010 con il centrocampo a diamante e il «Chelsea sexy» dei 103 gol. Perse il titolo l'anno dopo nonostante la miglior difesa. Il City di Mancini fu primo nel 2012 con il miglior attacco. Italiani rinnegati.
Non come Ranieri, in testa col dna di Rocco. E chi se ne frega se spunta sempre qualcuno a dire che «la partita l'abbiamo fatta noi».
(da la Repubblica del 16 dicembre 2015)

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