sabato 20 febbraio 2016

La filosofia, lo spogliarello e il Torino. Intervista di Sermonti a Eco sul calcio

Altrove troverete ricordi di Umberto Eco più autorevoli. Qui, nel piccolo spazio calcistico di questo blog, ho trascritto un'intervista da lui rilasciata all'Unità nel 1982, alla vigilia del Mundial che l'Italia avrebbe poi vinto a sorpresa in Spagna. A intervistare Eco sul tema calcio c'era Vittorio Sermonti, in quel momento già autore di tre romanzi, curatore per la radio delle "Interviste impossibili", successivamente poeta e insigne dantista. Dopo il Mundial, Sermonti avrebbe pubblicato un meraviglioso saggio-dossier sul comportamento tenuto dalla stampa italiana in quei giorni: "Dov'è la vittoria" (Bompiani), purtroppo fuori catalogo (si può consultare alla Biblioteca nazionale di Roma). E' questa un'intervista spesso giocata sul registro dell'ironia reciproca. 

Professor Eco, che cosa pensa Ella del Mundial, che come saprà sicuramente...
"Non so nulla".
Si tratta di campionati mondiali di calcio, che si svolgeranno in Ispagna dalla prossima settimana.
"Pur essendomi nella vita occupato di un congruo numero di cose, a salvaguardia del mio equilibrio spirituale mi sono riservato zone di assoluto disinteresse e perfetta ignoranza. Per talune, il mio rifiuto è, diciamo così, intermittente, revocabile. Per altre, stabile, eterno e metafisico".
Mi par di capire che il calcio rientra in quest'ultima sezione.
"Ha capito bene".


E non potrebbe almeno segnalarmi i motivi di codesto metafisico rifiuto?
"Dato che la sento così determinato ad estorcermi dichiarazioni su materia che ignoro e detesto, non Le nasconderò che il rifiuto discende dai più svariati motivi. Vi concorreranno senz'altro, ad esempio, le frustrazioni che accumulai adolescente, attesa la mia assoluta inabilità nel dar calci alla palla. Né escludo v'abbia anche concorso un pochetto l'eccidio dei giocatori del Torino, squadra per cui tifavo lievemente: confesso che ci rimasi male. Ma in primissimo luogo mi corre l'obbligo collocare una ragione d'ordine filosofico, tema su cui scrissi altra volta qualcosetta. Noti di passata che nelle rare occasioni in cui mi capita di vedere sul teleschermo partite di calcio giocate come si deve, con bella teatralità, non manco affatto di apprezzare. Il mio odio (ma Lei scriva "risentimento") è contro la cultura della chiacchiera calcistica. Considero obbrobrioso che pochi individui pratichino uno sport, per consentire a milioni di chiacchierare. L'imponenza dello spettacolo calcistico e la sua abnorme risonanza nuocciono non meno alla mente che al corpo: al corpo, perché consolano le moltitudini del fatto di non fare sport; alla mente, perché spengono e rimpiazzano l'interesse per la pólis".
Non le sembra, professor Eco, che in un mercato del successo truccato come il nostro, dove il modello promozionale è la cosca, sia invece abbastanza confortante il fatto che fra diversi milioni di ragazzi che pigliano a calci il pallone una concorrenza decentemente corretta selezioni qualche decina di giovani, i quali, siccome i calci li danno meglio degli altri, di calci campano e godono del pubblico apprezzamento?
"Se è per selezionare, conosco sport assai più selettivi, e che molto meglio concorrono al riordino della specie".
Ad esempio?
"Automobilismo, alpinismo, paracadutismo. Il calcio è, oltretutto, incruento".
Non finga di non capire che alludevo alla selezione professionale.
"Le spogliarelliste del Crazy Horse sono ragazze di bellezza sceltissima, ed eseguono il loro lavoro con maestria e serietà che non son di tutte. Ho avuto modo di assistere episodicamente alle esibizioni di queste ragazze, e di compiacermene. La cosa non ha alterato per nulla il mio onesto regime sessuale. Ma se gli spettacoli di strip-tease godessero della popolarità delle partite di calcio e suscitassero comportamenti diffusi contrassegnati dai medesimi tratti di ossessività e iteratività, voglia convenire con me che finirebbero per distogliere parecchie persone dallo scopare".
Mi consenta, professor Eco, di eccepire.
"Secondo Lei, si scoperebbe di più?".
Non credo questo. Ma, per converso, non mi risulta affatto che lo spettacolo calcistico di qualità elevata contragga la pratica del calcio presso le moltitudini.
"Sarebbe l'unico caso in cui un eccesso di voyerismo non fa male".
Chissà mai. Ma secondo Lei, a parte tutto, le grandi competizioni internazionali non affratellano i popoli?
"L'ideale olimpico, in effetti, sembrerebbe voler affratellare. Il calcio, nemmeno per sogno".
E perché, nemmeno per sogno, il calcio?
"Perché fomenta il nazionalismo più scemo. Il qual nazionalismo, se ha fatto caso, ha sempre un alto coefficiente voyeristico: Malta, Malvinas, Corsica fatal... La gente si lascia abbacinare dalle figure mitiche, e delega ad altri le mansioni decisionali ed operative".
Ella allude pur sempre al tifoso balordo. Ma annovererà anche Lei, professor Eco, stimabilissimi amici che coltivano per tutta una vita, accanto a passioni ben altrimenti nobili e civili e possenti, un furtivo ma ostinatissimo penchant per una squadra di calcio, municipale e/o nazionale. Che dire?
"Più che umano. Ciascuno di noi educa passioni minime persistenti: i francobolli, i film di John Ford, la filologia bizantina, perché no?, la Juventus. L'hobby riequilibra interiormente l'uomo, in quanto fornisce alla sua emotività piccole aree di drenaggio. Tutt'altro è ciò che mi colpisce ed umilia nel taxista che mi domanda cosa penso del campionato. Infatti, se egli mi chiede un giudizio sull'ultimo discorso del papa o di Benvenuto, e io gli rispondo che non li ho letti, egli trascorre ad altro argomento. Ma quando io gli dico che il campionato di calcio non mi interessa, egli persevera nel parlarmene quasi non avesse capito. Anzi, opino che non riesca proprio a capire. Nel suo assetto monomaniacale gli risulta incomprensibile che altri non partecipi dei suoi laboriosi deliri. Giudica Ella il taxista persona che fa tesoro dei suoi hobbies per conseguire un più elevato equilibrio etico ed emozionale?".
No. Ma mi dica: accadendole di contemplare per televisione la squadra italiana che gioca contro una squadra estera, se Ella ha un cuore, per chi batte quel cuore?
"È fatale che a quel punto si attivino in me i giochi dell'identificazione. Il mio cuore batte per chi mi somiglia di più. Non altrimenti, mi toccasse la disavventura di assistere ad un incontro tra redattori dell'Unità e redattori del Secolo d'Italia, palpiterei per voi".
Grazie, professor Eco, ed ora faccia un ultimo sacrificio e mi indichi la formazione che Ella suggerirebbe per la rappresentativa italiana.
"Una formazione che rappresenti bene l'Italia? Dunque, aspetta, in porta... In porta ci mettiamo Fanfani, che quello non riesci a schiodarlo. A terzini, uno molto tranquillo, uno di temperamento: facciamo Franco Rosi... Franco Rosi e... dài, dammi un'idea... Che sfiga, però, dover rinunciare alla Loren: poverella, ha trenta giorni di squalifica...
(Inorridita dal repentino scadimento di sostanza e di forma, cade la teleselezione).
Vittorio Sermonti

(da l'Unità del 9 giugno 1982)

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