domenica 3 luglio 2016

La marcia su Lille

È MEZZ'ORA di viaggio. Arrivano treni da Bruxelles e scaricano mucchi di uomini e bandiere. Una ventina fermano alla nuova stazione Europe, nella parte post industriale della città – torri, gallerie, tutto di quel bianco così caro a certe archistar - un'altra decina di TGV alla stazione antica, la Flandres, ricostruita pezzo per pezzo con i mattoni metà ‘800 della Gare Nord di Parigi. È come se a Lille il Belgio giocasse in casa, sono qui in ventimila per la partita che può riportare la Nazionale dov'era una trentina d'anni fa, quando andava in finale agli Europei ('80) e in semifinale ai Mondiali ('86), e poiché le stazioni ferroviarie non sono controllate quanto gli aeroporti, un po' di apprensione in prefettura non riescono a nasconderla, dopo gli allarmi anti-terrorismo per le ultime partite a Bruxelles. Altra ansia s'aggiunge perché i tifosi andranno in marcia allo stadio da rue de Cambrai, il quartiere della vita universitaria. La polizia non sa dire quanti saranno.
Cinque chilometri da controllare, traffico pazzo, processione aperta ai gallesi, i quali si riconoscono perché camminano senza ombrello sotto gli scrosci che cadono da cinque giorni. Ma nella periferia di Villeneuve d'Ascq, tra le palazzine del polo universitario e il museo d'arte moderna (qualche Picasso, la Maternità di Modigliani), l'Uefa non sa ancora se tenere il tetto dello stadio aperto o chiuso, indecisi se sia più indicato sottrarre la peggiore erba degli Europei alla pioggia o alla luce. Per il resto però a Lille tutto bene.

Più di chiunque in casa gioca Eden Hazard, qui fra i 14 e i 21 anni. È il cocco di una città. Con lui - e con Garcia in panchina vinsero il campionato nel 2011. Poi arrivò anche Payet. «È un posto speciale per me». A Lille lo accompagnarono papà Thierry e mamma Carine, lui dilettante nel Louvrien, lei attaccante del Manage in gol quando era incinta di tre mesi. Eden torna da Monsieur Altruismo, dopo tre assist e un solo gol per sé. Eppure resta da risolvere il dilemma della convivenza con De Bruyne, che ogni tanto va a smangiucchiargli palloni a sinistra. Se uno eccelle, l'altro è in ombra. Il Belgio non ne esce. «Se fossi il c.t., a noi direi di giocare come sappiamo e di creare spazi». Hazard la fa facile. Gli spazi stasera dove sono? «Giocano con cinque dietro, quattro in mezzo e una superstar davanti». Appunto.

La superstar è Bale. Il giocatore valutato e pagato 100 milioni, il prezzo più alto della storia, sfida la nazione che ha partorito l'estremo opposto, Jean-Marc Bosman, l'uomo che con un ricorso alla comunità europea ha inventato il parametro zero. Bale vive a La Finca, il barrio di lusso di tutte le star di Madrid, compresi Bardem e Penelope Cruz. Bosman è rimasto senza lavoro e con problemi di alcolismo. Eppure sono colleghi. Bale ha l'occasione di affondare una difesa a pezzi. Vermaelen squalificato, Vertonghen con i legamenti della caviglia stirati: Europeo finito. «Devo far esordire due giovani insieme» trema Wilmots. Al ct gallese Coleman scappa da ridere. «Il Belgio non cambierà modo di giocare, e visto che lo conosciamo perché dovremmo cambiare noi?». Nelle ultime tre sfide solo tre gol segnati. Il Belgio perse a Cardiff. «Ci difenderemo con tutte le vite che abbiamo », avverte Coleman senza imbarazzo, come nel video che ritrae i gallesi far festa in ritiro davanti alla tv, mentre l'Inghilterra usciva. È l'Europeo in cui si sono tolti di dosso il vecchio complesso di inferiorità, stessa cosa accaduta dall'altra parte al Belgio con l'Olanda, i cui ex campioni stavolta non sono stati nemmeno arruolati come opinionisti dalla tv di lingua fiamminga. È l'ultimo dettaglio di un affrancamento e di una nuova storia.

(su Repubblica, 1 luglio 2016)

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