giovedì 10 agosto 2017

Le sorelle Misericordia

Cristiana Cammarata non ha nulla di speciale, nemmeno la speranza, vive la sua condizione di ammalata di Sla come una donna "che non ha paura della morte ma dell'agonia". Laura, sua sorella, invece ha tutto, o quasi. Gioca a tennis, è la numero quattro al mondo e sulla Rod Laver Arena di Melbourne sta battendo nella finale degli Australian Open addirittura Serena Williams. Quando alle spalle della statunitense vede apparire la Madonna, mette la pallina in tasca, raccoglie borsa e racchette e imbocca il tunnel, mormorando "non posso", per poi recitare a bassa voce le preghiere che la sua fede cattolica le porta all'istante sulle labbra. Le pare un segno, una chiamata: tocca a lei occuparsi di Cristiana, tornare in città, chiudersi in casa, farla finita con questa immagine di donna emancipata e ricca.

Tre anni fa, Marco Ciriello raccontò come il dolore formi e deformi nel romanzo "Per favore non dite niente", ambientato nel mondo del calcio e ispirato alle vicende personali di Prandelli. È il suo metodo. Ciriello scrive (spesso di sport) trasfigurando, gioca a rendere l'invenzione più reale della realtà, senza limiti, intransigente alla tirannia della semplificazione, si tratti di raccontare un gol all'incrocio dei pali o il diritto al fine vita per i malati terminali: «Non sai mai quando hai giocato la tua ultima partita. Meno che mai, la migliore».

Le sorelle misericordia, le Cammarata, dialogano per affetto e per dispetto, perché a uno scambio, come nel tennis, non ci si può sottrarre. «Dio è un lungolinea » ed è pure «un pomeriggio triste che tutti attraversiamo». Un libro sulle rinunce, sui sensi di colpa, sulle domande intime che non ci siamo mai fatti («Ma davvero non sei mai stata a letto con un uomo?»), e invece dovremmo: «Mangiamo e beviamo, ché domani verrà la morte». Forse aveva ragione Foster Wallace con quella roba su Federer come esperienza religiosa.

(Repubblica, 8 agosto 2017)

Nessun commento: